Eccomi nuovamente a presentare alcuni temi per condividere con voi, gentile pubblico ed esimi colleghi, alcuni ragionamenti sul ruolo dei musei e, più in generale, della “conoscenza”, supremo argomento di questa nostra sperimentazione.
Torno a scrivere da queste colonne (per dirla con voce di tradizione giornalistica, pur avendo nulla a che vedere con tale espressione), dopo la lunghissima pausa osservata, per non immischiarmi nella lotta per la spartizione del potere, o di quello che si pensa possa essere, culminata ieri sera con le chiusure dei seggi delle elezioni amministrative 2016. Ho scritto “potere”, perché chi si interessa di scienza non deve aver pudore nel chiamare le cose con il loro nome. Che non raccontino storie e, soprattutto, non raccontiamocene a vicenda. La storiella della democrazia è tutta da dimostrare, per esistenza, coerenza e validità: qui si tratta, innanzi tutto, di potere, ovvero di controllo di un gruppo di soggetti su altri simili. Ho avuto modo di conoscere professionalmente, in questi ventisei anni di carriera, esponenti di tutte le fazioni in lizza: nessuno si è mai messo in risalto né per capacità né per valori morali: ma non vi è scandalo in tutto ciò. Loro sono il risultato di “noi”, che ci piaccia o no.
Vi è un’altra categoria di individui (la cui sincerità è tutta da provare), che si indignano sentendosi accomunati a questa che è pura realtà (verità di specie: la supremazia tra gli individui è alla base della dinamica procreativa naturale, non vi è nulla di cui scandalizzarsi). Sappiano che convinzioni, sentimenti e “valori” non necessariamente sono vettori di “comune vantaggio” per la collettività, anche se appagano i latori degli stessi.
Ecco riproporsi uno dei grandi problemi del nostro coesistere: l’ignoranza. In realtà sappiamo ben poco sulle nostre identità, sulle nostre ragioni d’essere e sulle finalità da perseguire. Siamo come banderuole: facciamo volgere le nostre espressioni esistenziali a seconda del “vento” che spira, ma nessuno prova a vedere lo scacchiere da un’altra prospettiva.
Come cittadino e come “ometto di scienza” sento l’obbligo di consigliare a coloro, che pensano di possedere i requisiti per “guidare” i propri simili, di attrezzarsi, innanzi tutto, per comprendere dove sia meglio portare noi membri del consorzio umano. Vi è un metodo, certamente non infallibile, ma che ha dato sicuramente molti più risultati in questi ultimi secoli della sterile e, sovente, drammatica rivalità politica: si chiama scienza ed è regolata dal metodo scientifico di Galilei. La politica, come la propagazione della conoscenza, è sicuramente uno tra gli ambiti dove meno si è “fatto scienza”. Tra le molteplici cause di questo comportamento, ve ne sono alcune interessanti ed illuminanti se evidenziate.
Innanzi tutto per fare scienza occorre possedere una ferrea onestà intellettuale: e qui più di uno, tra i candidati di queste tornate elettorali, se guardasse in cuor suo e magari anche in quello dell’aggregazione che rappresenta, avrebbe dovuto da tempo chiamarsi fuori dai giochi. In secondo luogo occorre conoscere ed attrezzarsi per applicare il metodo sperimentale. In questo caso la tanto decantata (per questioni di consenso) “bellezza” costituzionale dovrebbe lasciare spazio a logiche e prassi molto lontane da quanto previsto nella carta suprema, che è addirittura difficile assumere a “logica di convivenza sociale”. Il patrimonio culturale, le politiche territoriali ed il sistema educativo, così intimamente correlati, risultano assomigliare molto nella prassi e nella sostanza alla loro origine: la politica.
Eppure sarebbe molto più semplice spiegare ad un cittadino i motivi di scelte, assetti e modelli, così come avviene per la descrizione di beni da acquistare o di stili di vita da adottare.
Fumare reca danno. È scientificamente dimostrabile e dimostrato. Bene: si faccia in modo che chi desideri vivere meno, con minor qualità di vita ed essere dedito al tabagismo lo possa fare senza nuocere ai suoi simili. Lo si sta facendo (poco e male), ma non si dica che ciò non sia chiaro. È, invece, altresì lampante che, ad iniziare dalla nostra nazione, si preferisca scendere a compromessi per questioni di bilancio. Ecco una dimostrazione di incoerenza, stupidità e malaffare istituzionale, così come le scelte energetiche (è bastato un litro di petrolio ed un poco di gas per far dire alle massime cariche di uno stato che votare non è così poi importante), ecologiche e di ambito familiare: nessuno ha interpellato la comunità scientifica su temi simili, ma tutti sono pronti a scagliarsi contro i “camici bianchi”, quando decidono che sia conveniente la caccia alle streghe.
Cultura e politica sono molto più intimamente unite di quanto si possa pensare. Chiedersi, come stiamo facendo durante quest’anno, a cosa serva un museo, equivale a domandarsi dove si debba andare tutti assieme. Come i destini di coloro, che premono contro i nostri confini o dei cinquantenni senza lavoro condannati all’oblio, sono stati causati dall’assenza di una cultura che ponesse l’individuo in primo piano, così la stessa cultura, e non il fascismo d’utilità o il “buonismo” di opportunità, potrà essere l’unica tecnologia in grado di esserci di aiuto: prima o poi coloro che si disperano verranno a farlo a casa vostra…assieme a voi.
Smettiamo di comportarci come se sapessimo tutto di tutto. Cari eletti, mi permetto di consigliarvi più umiltà, più ascolto, più analisi, più sintesi, più trasmissione, più riproducibilità degli eventi: insomma più scienza.
So che molti non capiranno e non vorranno capire. Ormai sono così abituato a simili comportamenti che posso solo dispiacermi per coloro che non sono o non vogliono essere attrezzati, per comprendere ciò che non fa loro comodo.
Di recente ho avuto modo di spiegare ad alcuni soggetti economici, che “ardivano” dal desiderio di “fare qualcosa per il proprio territorio”, che non esiste solo il comprare o il vendere, che non esistono solo il “furbetto” ed il “fesso” da spennare. È vincente, per la nostra specie, la collaborazione atta a capire, innanzi tutto “il cosa”, “il cosa fare”, “il perché farlo” ed “in quale modo farlo”. Uno in particolare mi ha colpito per la sua tracotanza ingombrante quanto la sua ignoranza. L’ho lasciato davanti alla sua colazione (da bravo “padrino” fa colazione mentre dà udienza ai poveri mortali), con il suo addome globoso e la sua spocchia, convinto di essere un nobel per l’economia, mentre in realtà è un povero abitante di ciò che diverrà la sua Isola di Pasqua. Ma anche questo non lo saprà mai, perché non arriverà mai alla fine di questa pagina…così come molti.Sic transit gloria mundi!
Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.
Titolo: “Scienza, coscienza e consapevolezza”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino
Codice: INET1606200900MANa2
Ultimo aggiornamento: 20/06/2015
Pubblicazione in rete:
2° edizione, 20/06/2015
3° edizione, 28/11/2018
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