Non è una questione di soldi


di Gian Stefano Mandrino

Sarà successo con molta probabilità ai colleghi, che si interessano di ricerca in materia economica: alcune persone, per il solo fatto di possedere un portafoglio in tasca, più o meno colmo, confondono l’esperienza economica con la comprensione dei fenomeni economici. Secondo il metodo sperimentale è pur vero che l’osservazione e l’esperienza sono alla base del processo di indagine scientifica, ma è altresì evidente che, per poter asserire di conoscere un meccanismo naturale, occorra espletare qualche altro passaggio metodologico.

Così accade a noi: costantemente, durante presentazioni di ricerche, di progetti o in sede di consulenza, vediamo soggetti, che il più delle volte nulla hanno a che spartire con il nostro mestiere, ergersi a specialisti ed iniziare a pontificare o a cassare dati, studi e posizioni accuratamente motivate.

Di solito, per tali mediocrità, tutto si liquida facilmente con il fatidico mantra:”È solo questione di disponibilità finanziaria”, frase onnipresente, che serve a costituire perfetti e monolitici alibi, per preservare tale citata mediocrità da ogni tentativo di impegno alla comprensione e di necessaria umiltà, indispensabili per riconoscere ed accettare che a questo mondo possano esistere persone, che, anche se evitano di sottolineare il fatto di saperne un poco più dei mediocri in questione, desiderano condividere progetti ed attività per una comune crescita ed un mutuo vantaggio.

Purtroppo per tali mediocri e per la nutrita schiera di chi pensa che con i soldi si possa fare tutto, quanto asserito precedentemente, ovvero che tutto sia solo questione di disponibilità finanziaria, è falso.

Supponiamo che a me si chieda di organizzare un reparto di neurochirurgia e si foraggi economicamente in modo congruo l’operazione. Purtroppo, avendo sì e no frequentato decentemente solo la quinta elementare, non saprei come riuscire nell’impresa. Dopo aver dato dello sciagurato al mio interlocutore per tale iniziativa, mi guarderei attorno e sceglierei qualche specialista atto a condurre l’incarico. “Ecco!”: mi direte che ho appena dimostrato che con i soldi si può ottenere tutto e che tutto è una questione di soldi. In realtà non è così: io non ho ottenuto l’eccellenza chirurgica perché in possesso del denaro, ma per i seguenti motivi:

1. non mi sono intascato il gruzzolo e non sono scappato dall’altra parte
    del mondo sotto mentite spoglie;
2. ho dovuto imparare cosa e come scegliere;
3. ho partecipato alla realizzazione del progetto, apprendendo ulteriori
    informazioni sulla gestione del sistema acquistato ed implementato;
4. ho avuto, soprattutto, la fortuna di poter reperire qualcuno in possesso
    della richiesta professionalità, senza la quale neppure il più ricco del 
    pianeta avrebbe potuto creare un tale reparto.

Come potete facilmente evincere da questa storiella, la capacità economica, pur importante, non è affatto il requisito principale per originare qualcosa, ma tale primato spetta alla conoscenza. Se non si sa nulla di gestione, di strategia, di didattica, di marketing e di tutto ciò che un manager, che operi nella cultura, deve sapere, eventuali soldi messi a disposizione, come per maleficio (e come sovente accade nel nostro Paese), svaniranno nel nulla e non saranno mai sufficienti per compiere adeguatamente qualcosa. Ecco perché non basta lavorare in un museo per essere uno specialista di didattica o di management culturale. Si è specialisti in tali discipline solo se lo si è (per formazione ed esperienza) e non per “analogia di ruolo” o posizione contrattuale.

Il nostro Paese, ed in particolare il comparto culturale in tutte le sue espressioni, è vittima di tale malinteso (troppo folle per non poter essere evitato), basti riflettere su cosa stia accadendo in questi mesi nel settore editoriale italiano. In ogni dove, sia in ambito pubblico che privato, troviamo supponenti soggetti, che si preoccupano di tutto eccetto di evitare la presunzione di sapere tutto e di dare la colpa alla solita carenza di fondi.

È proprio un tale comportamento che rende il nostro Paese, ed in particolare il comparto culturale, non ancora affidabile per una strategia di crescita nazionale. Il vantarsi, per esempio, da parte della Pubblica Amministrazione, di operare con il settore privato, non significa che il solito Pantalone debba offrire sempre e solo i soliti capitali in cambio di promozione e visibilità, che magari nulla hanno da spartire con la missione del privato in questione, ma, per esempio, accettare di collaborare con le professionalità espresse da determinati settori, che non sono ancora presenti nell’ambito pubblico. Attenzione: stiamo descrivendo l’ABC della gestione della produzione culturale e siamo molto lontani dal poter esprimere un management adeguato alle reali necessità di un tale comparto a livello nazionale.

Il mercato, entità troppo spesso odiata da varie faziose fazioni, e con questa mia osservazione desidero avviare per il futuro una serie di interventi su tale scabroso argomento (il mercato, ovviamente, non le solite inutili faziose fazioni), non è solo l’incontro tra domanda ed offerta: è molto di più. È una manifestazione naturale ed antropologica, dove le due condizioni si permeano vicendevolmente, permettendo al tempo stesso di essere mezzo ed espressione di comprensione di vari aspetti, storie e destini della nostra specie.Non è quindi sempre e solo questione di soldi, ma, innanzi tutto, di conoscenza e capacità di intelligente previsione ed organizzazione, che, in attesa dell’evoluzione del nostro futuro cibernetico-dipendente, può essere solo espletata da persone, il cui successo sia strettamente dipendente dalla loro competenza.


Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.

Titolo: “Non è questione di soldi”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino

Codice: INET1609190900MANa2
Ultimo aggiornamento:19/09/2016
Pubblicazione in rete:
2° edizione, 19/09/2016
3° edizione, 28/11/2018

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