A cura della redazione di Network Museum
Al di là di frasi più o meno celebri, ancora frequentemente citate in vari ambiti e circostanze, non potevamo non chiederci del rapporto tra musei, cultura ed economia. Molti tra voi forse penseranno alla citata frase, a cui abbiamo accennato poco sopra: nulla di così banale o, forse, di addirittura errato, come confondere cause ed effetti.
Prima che il nostro genere inventasse vari modi di comunicare, le novità, l’utilità di oggetti, qualche risposta ai tanti quesiti, che da sempre ci hanno assillato, erano affidate alla comunicazione gestuale e verbale: tra i primi forieri di cose nuove ed utili, forse, coloro che saranno considerati, in seguito, ed anche con certo “disprezzo”, i mercanti. Da questa modesta osservazione il nostro impegno nell’esaminare con più attenzione il rapporto tra economia (nel senso della considerazione dell’universalità dei sistemi di distribuzione dei beni rari) e conoscenza. Molti possiedono un telefono cellulare e, forse, altrettanti, hanno colmato lacune scientifiche e tecnologiche, anche se estremamente elementari, grazie all’acquisto di tale strumento. Da qui il nostro convincimento che l’economia, e l’atto mercantile ne è espressione, deve essere considerata azione didattica, propaggine estrema di una capillare attività di diffusione della conoscenza. L’ambito si amplia significativamente se prendiamo in considerazione tutte quelle attività specialistiche, che vengono chiamate a sostenere gli stessi atti commerciali. Qualsiasi aspetto ha rilevanza nella dinamica sociale odierna se esprime un risultato economico: giusto o sbagliato, che possa essere considerato. Se attribuiamo all’economia un ruolo di “traduttore” e “misuratore” della capacità di coinvolgere energia, diventa molto interessante comprendere quanto possa essere “energetica” l’attività culturale, sino a poter considerare entrambe, economia e conoscenza, due espressioni non così distanti, in una ipotetica teoria di unificazione antropologica delle forze, così come da tempo la fisica tenta di comprendere il legame, per esempio, tra gravitazione ed interazioni costitutive della materia.
Ci condurrà nella comprensione di tale rapporto Giancarlo Micono, partner di Infogestione.
Giancarlo Micono
Nato a Torino nel 1953, ha conseguito una laurea in scienze politiche con indirizzo economico (Torino) e un Master of Business Administration (Ginevra). Si è occupato di comunicazione ed immagine nella grande industria e, successivamente, di marketing finanziario ed assicurazioni. Collabora con Infogestione.
Network Museum – Chi è Giancarlo Micono?
Giancarlo Micono – Credo che la risposta vada messa in relazione ai musei che ho visitato, alle sensazioni che mi hanno lasciato o alla indifferenza rispetto al messaggio, che dovevano trasmettere. Non ho specifiche preferenze museali. Ho un vivido ricordo di certe pinacoteche classiche , come quella del Prado che ho visitato 40 anni fa, mentre molte altre, visitate in tempi molto più recenti, mi hanno lasciato indifferente, anche se i dipinti esposti avevano singolarmente un grande valore artistico. Ho sempre dato molta importanza alla “contestualizzazione” dell’opera, se ben fatta spiega le ragioni del committente e quelle dell’artista, talora perfino il contributo di collaboratori di bottega. I musei o “gli storici” spesso danno peso a pochi aspetti (le ragioni di una guerra o di un certo numero di battaglie, oppure le armi a disposizione); se non si è interessati a quel taglio specifico viene meno l’interesse per il Museo nel complesso.
Network Museum – Cos’è la cultura per Giancarlo Micono?
Giancarlo Micono – È l’insieme delle nozioni apprese, studiate nell’arco della vita e, in una misura che non ho ancora ben elaborato, delle esperienze vissute. Nozioni apprese ed esperienze contribuiscono allo sviluppo della personalità dell’individuo e a definirne i tratti. Su un piano completamente diverso si pone la “cultura pubblica”, portata avanti dalle Istituzioni per aiutare l’individuo a formarsene una propria.
Network Museum – Cos’è un museo?
Giancarlo Micono – Più che a ”che cosa sia” preferisco pensare a “che cosa dovrebbe essere”: una azienda con un bilancio, eventualmente figurativo: tenere aperto un Museo costa una certa somma a fronte della quale ho un ritorno in termini anche solo di messaggio lanciato ai visitatori. Se non ci sono almeno queste due poste di bilancio: attività=interesse destato passività=spese sostenute, tanto vale conservare bene i reperti attraverso più proficui utilizzi. Il passo successivo è ovviamente quello di un bilancio economico fra spese e introiti (biglietti, gadgets, finanziamenti).
Network Museum – Come definirebbe una entità museale o didattico-espositiva, dal punto di vista economico?
Giancarlo Micono – Nel contesto di questa domanda considero importante l’aspetto “didattico-espositivo”. È fondamentale, come ho già sottolineato nelle risposte precedenti: una esposizione didatticamente evoluta attira pubblico e può consentire un miglioramento dei risultati, anche direttamente economici. Dell’aspetto “didattico” di qualsiasi museo, fanno parte la sequenza dei reperti presentati, il tipo di informazione (letteraria, multivisuale, ecc.), i contenuti della informazione stessa.
Network Museum – Un museo è una impresa culturale? Se sì a quale tipologia commerciale potrebbe essere accostata?
Giancarlo Micono – Qualsiasi museo si deve considerare “impresa della comunicazione” alla stregua delle aziende editoriali. Come queste deve affermarsi comunicando tanto e bene per stare a galla. Possono essere oggetto della comunicazione anche il procedere di ricerche archeologiche connesse ai reperti esposti, contatti e scambi di informazioni con Istituzioni nazionali e straniere oppure altre entità museali. Qualsiasi attività dimostri che l’impresa Museo non è ferma, ma si muove ed evolve.
Network Museum – Il museo svolge, sovente, quale principale funzione, la tutela di un patrimonio culturale materiale: cosa significa in termini economici tale aspetto?
Giancarlo Micono – La “tutela” è all’origine della nascita dei musei ed è fondamentale per qualsiasi museo, a salvaguardia delle radici culturali di un territorio o di una nazione: pensiamo anche soltanto ai molti piccoli musei di storia locale e naturale sparsi negli angoli delle vallate alpine. Il problema è che spesso di questa funzione di tutela il museo non riesce “a vivere”, bisogna allora inventare altro….il biglietto di accesso ad un parco faunistico naturale con una quota, ed eventualmente un biglietto di ingresso al museo collegato, enogastronomia connessa ove possibile….
Network Museum – Quali sono i fattori che possono insidiare il “capitale museale”?
Giancarlo Micono – Varie le insidie, tutte ben conosciute. Il vero problema è quello di mettervi un freno, meglio se uno stop. Furti di opere e/o reperti in locali non ben custoditi, danneggiamento di reperti/opere da agenti ambientali, quando custoditi in magazzini e non esposti al pubblico, con conseguenti esigenze di restauro. Data la consistenza del patrimonio museale italiano entrambi i problemi sono ben conosciuti.
Network Museum – Come si può tutelare un patrimonio museale?
Giancarlo Micono – Possiamo considerare tutele attive e passive: attive quando si procede con strumenti antifurto, sorveglianza,ecc e magazzini sani. Tutele passive possono essere l’assicurazione permanente contro il furto delle opere/reperti e la assicurazione di somme prestabilite in caso si rendano necessari restauri; temi che diventano ampiamente discutibili quando calati nella realtà quotidiana.
Network Museum – Sì può vivere “di cultura”?
Giancarlo Micono – Si può e si deve provare in un Paese a vocazione artistico/turistica come l’Italia. Il punto non ha oggi alternative: la domanda è “come” vivere di cultura. Quali strumenti legislativi sono necessari per? Aumenti degli stanziamenti governativi per il recupero dei beni culturali? Nuovi accordi sindacali per gli operatori del settore?
Network Museum – Come immagina nel futuro l’evoluzione museale ed il rapporto con il mondo dell’economia?
Giancarlo Micono – Il settore museale necessita di grandi interventi. In Italia si vendono oggi agli stranieri con leggerezza, praticamente senza alcun controllo del pubblico interesse, marchi storici della alimentazione e della moda, botteghe famose nei centri storici. Sarebbe proprio fuori luogo pensare alla creazione di marchi italiani, che raggruppino attività culturali, turistico-alberghiere e di trasporto quotate in borsa e delle quali cedere pacchetti sui mercati esteri? Naturalmente ci si dovrebbe tutelare con statuti aziendali, che preservassero la permanenza di opere e reperti in Italia.
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Titolo: “Musei ed economia”
Sezione: “Musei ed economia”
Autore: Network Museum
Ospite: Giancarlo Micono
Codice: INET1903010900MAN/A4
Ultimo aggiornamento: 02/03/2019
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 02/03/2019
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: –
Fonte immagine: Quentin Metsys, Il cambiavalute (Le Prêteur et sa femme), 1514,
olio su tavola, cm 70 X 67. Parigi, Musée du Louvre
Fonte video e contenuti multimediali: –
Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema: –