A cura della redazione di Network Museum
La nostra “scabrosa” sezione dedicata al rapporo tra musei, patrimonio ed economia, si arricchisce di un nuovo ospite: Gabriele D’amico Soggetti, avvocato, che da tempo si interessa di diritto ed economia della cultura, specializzazione, peraltro, ancora rara nel nostro Paese, così come per altre discipline, la cui presenza ormai risulterebbe essere urgente per un settore così fondamentale e strategico per lo sviluppo collettivo.
Oltre al suo orientamento professionale, il nostro ospite presenta una ulteriore peculiarità, che rende la sua presenza sul nostro sito particolarmente opportuna, ovvero la sua attività da collezionista, uno degli aspetti fondanti della tradizione e della storia della museologia, che senza “amanti del cogliere e raccogliere” e le loro amate collezioni non sarebbe potuta essere.
Gabriele D’amico Soggetti
Torinese, avvocato, appassionato di diritto ed economia della cultura, dottorando fra Berlino e Gerusalemme in diritti umani e diversità culturale. Consapevolmente olivettiano, crede nella capacità umana di superare la gregarietà del sistema limbico e ragionevolmente spera in un futuro di sviluppo umano integrale.
Network Museum – Chi è Gabriele D’amico Soggetti?
Gabriele D’amico Soggetti – Gabriele D’amico Soggetti è uno stupefatto dalla vita, che in questa meraviglia generale per il dono dell’esistenza ha cercato di mettersi al servizio di un qualche bene, variamente cercato e perseguito negli studi prima e nel lavoro poi, in diversi campi, fra i quali quelli del diritto e dell’economia dei beni culturali. Di questo stupore, ispirato dal concetto di “naturalia et mirabilia” delle camere delle meraviglie settecentesche, Gabriele D’amico Soggetti ha saputo fare una collezione di arte antica e applicata, intrattenuta con passione e costanza dal 1994. Gabriele D’amico Soggetti si compone di una identità duplice: da un lato di origine pugliese (dunque amante delle orecchiette con le cime di rape) e di tradizione lavorativa familiare rivolta alla partecipazione dei lavoratori ai benefici prodotti nel momento di creazione di surplus economico; dall’altro piemontese (e dunque amante della bagna cauda e del fritto misto) di estrazione gobettiana e di temperamento calvinista.
Da Torino ho potuto prendere il meglio, e ho cercato di ridare per il piacere di farlo.
Network Museum – Cos’è la cultura per Gabriele D’amico Soggetti?
Gabriele D’amico Soggetti – La cultura è l’insieme dei fattori epigenetici, che influenzano lo sviluppo della personalità di un individuo.
La cultura si compone di esperienze e contenuti culturali.
Le esperienze culturali sono ciò che compone la maggior parte dell’attività neocorticale degli esseri umani. Essa può rivelarsi maggiore nel sonno che non attaccati a diversi dispositivi di interconnessione personale (vedi “filter bubbles” ed “echo chambers” nelle dinamiche di sviluppo dei social media).
Per questo la partecipazione culturale costituisce la linfa, da cui la cultura (elemento sempre dinamico ed in movimento, che risulta dall’interazione fra centri e periferie del potere culturale) si sviluppa.
Questa progressione segue dinamiche, che paiono di tipo naturalmente net-formato (avvero con strutture a rete) sia nei rapporti intersoggettivi di tipo quotidiano (dalle interazioni fra persone negli spazi pubblici, di lavoro, etc.), fino alle pratiche di vita di gruppi culturali connotati da più forti esigenze di coabitazione (o comunque di condivisione di vita anche materiale), che in quelli mediati dall’ambiente accademico o specialistico (in termini di capacità di accesso a strumenti di meta-conoscenza).
I contenuti culturali (trasmessi con mezzi tangibili, come la scrittura o i simboli) o intangibili (le pratiche orali, le credenze, etc.) possono contenere maggiori o minori tassi di “culturalità” a seconda delle definizioni di cultura che si adottino.
Network Museum – Cos’è un museo ed a cosa serve?
Gabriele D’amico Soggetti – Ogni museo non è altro che un contenitore, un contenitore di contenuti e un’opportunità (in termini di capability approach) di esperienze culturali. Questi contenuti possono comprendersi (e le esperienze viversi e organizzarsi) attraverso la scomposizione delle componenti del valore culturale proposto dall’economista della cultura David Throsby.
Il valore totale di un museo è dunque dato dalla somma delle utilità percepite (da diverse categorie di portatori d’interesse) rispetto al raggiungimento di una situazione Pareto-efficiente, ove le dinamiche di conflitto (permanente) fra valori e percezioni valoriali diverse siano gestite all’interno di un’unica strategia di prevenzione e gestione di tali frizioni d’interesse, in chiave di cooperazione e di sviluppo sinergico con il territorio circostante.
Network Museum – Perché un giurista si interessa di patrimonio culturale e di cultura?
Gabriele D’amico Soggetti – Talvolta per passione, altre per noia o per interesse. È difficile descrivere il giurista medio. Nel mio caso è stata la sorte, una ricerca fatta per caso mentre aspettavo una compagna di corso, che doveva ritirare un testo in biblioteca. Poi le sorti della vita si riannodano, e da che pensavo di aver un lavoro come dovere ed uno svago come piacere ho scoperto di poter fare dello svago il mio lavoro, così mi sono specializzato nei patrimoni culturali.
Network Museum – Che relazione intercorre, secondo lei, tra patrimonio, cultura ed economia?
Gabriele D’amico Soggetti – L’economia io la intendo al servizio dell’umanità autentica dell’uomo, con ciò inscindibilmente legata al concetto di sostenibilità biologica ed ecologica.
Una tale economia si fonda su di un diritto ecologicamente inteso, capace cioè di comprendere la bellezza dei meccanismi di propagazione della cultura e di offrire un mero sostegno, che non influenzi negativamente gli ecosistemi sociali e culturali più bisognosi di essere assistiti in processi di trasformazione (dal passaggio della cultura dell’automotive a quella del Made in Italy servono processi di preparazione culturale della società in termini di ginnastica mentale e culturale collettive).
Il patrimonio è un’eredità, e come tale pone il tema di quanto coinvolgere gli avi nell’immaginare il futuro, e quanto i figli come futuri “proprietari”. La relazione è dunque quella di un essere in potenza (la cultura), un ibrido fra ciò che è stato ieri, che già non è più, e da un domani, che ancora non è e che in parte si può costruire. La cultura è necessariamente una visione universale. La realtà, nella sua pluralità, è dunque un insieme di culture (che in parte condividono certi patrimoni, e che in parte possono anche usare il proprio patrimonio (culturale, identitario, economico, etc.) per voler imperversare (su altri individui o comunità culturali) in modo imperialista. Queste culture necessitano di un canone qualitativo di misurazione che è assente alla post-modernità e che interroga l’UNESCO sul tema dei diritti umani universali fin dal 1947. Serve rendere la relazione fra economia, cultura e patrimoni veramente generativa, dovendosi per questo superare logiche gestorie di fiato corto (dove il “parente” è da preferirsi all’”esperto”) e valorizzare in ogni modo la sussidiarietà, l’inclusione e la partecipazione culturali.
Network Museum – Come è nata l’idea di candidare la Città di Torino a Capitale Europea della Cultura per l’anno 2033? A cosa serve?
Gabriele D’amico Soggetti – L’idea di Torino Capitale Europea della Cultura è venuta a molti. Io ne appresi nel 2010-2011 (rispetto ad una candidatura di Torino per il 2019), da un articolo di giornale ritagliatomi per curiosità dal mio genitore. Proposi allora al prof. Walter Santagata di farne oggetto di un progetto con cui candidarmi al master organizzato dall’ITC-ILO in “World Heritage at Work”, master per il quale fui selezionato e che, grazie alla borsa di studio della Fondazione CRT (Progetto Readingeconomics), ho potuto frequentare con profitto. La mia tesi finale già conteneva tutti gli elementi di una proposta di candidatura per Torino.
Da questo lavoro ho poi potuto (divenuto nel 2018 esperto presso la V Commissione Permanente del Consiglio Comunale di Torino) estrarre un dossier, in base al quale la consigliera Eleonora Artesio ha formulato una mozione (secondo firmatario cons. Massimo Giovara, attuale Presidente della V Commissione), passata all’unanimità in Consiglio Comunale nel mese di ottobre 2018, volta a studiare come la Città di Torino potrebbe costruire sin d’ora un buon percorso di candidatura.
Questo genere di candidature sono un po’ come il pane: offrono l’occasione per un companatico. Dalla qualità e quantità di quest’ultimo dipende la bontà dell’intero piatto o esperienza di candidatura. Servono a dare un’occasione a un territorio per riscoprirsi con gli occhi degli altri, per aiutare una comunità urbana a fare il punto sulla propria identità e ad imparare a gestire la cultura in modo internazionalizzante (ed internazionalizzato) e partecipato.
Se una candidatura serve davvero a fare questo (ed è fatta nella massimizzazione della sostenibilità dell’impatto), poi vincere o meno è economicamente meno rilevante.
Network Museum – La cultura e la gestione del patrimonio culturale di un territorio debbono rimanere pubblici?
Gabriele D’amico Soggetti – Si e no. I beni pubblici non si prestano a gestioni basate su logiche private (la cultura è in fondo un bene comune a base partecipativa, o un insieme di essi); in questo la gestione culturale dei territori deve passare da coloro che questi territori li rappresentano.
I privati son talvolta bravi a fare i propri interessi, ma con assai maggior difficoltà riescono a prendersi cura dei propri e dei collettivi simultaneamente.
Servono opportune strutture di gestione, sulle quali ho cercato di maturare alcune conoscenze e competenze di base.
Network Museum – La cultura cosa genera? Può creare ricchezza economica ed essere di stimolo all’economia di una nazione? Come? Come vede il ruolo dell’impresa privata in questo contesto?
Gabriele D’amico Soggetti – La cultura non necessariamente genera, spesso anzi divora (altre culture, altri punti di vista, risorse naturali, vite umane, etc.). Quando genera può generare bene (in modo ecologico e normativamente orientato al bene, alla trascendenza dell’etica che fonda l’integralità dello sviluppo umano nella ricostruzione di questa nozione proposta in seno al Pontificio Consiglio per lo Sviluppo Umano Integrale), ma può anche generare male (pratiche culturali contrarie ai diritti umani universali). I valori di civiltà debbono prevalere su logiche parassitarie e di gregarietà alle sovrastrutture del potere (economico, sociale, culturale, etc.), che non accetti la sempre riformanza, il costante anelito del vero Bene alla evoluzione delle culture nello scambio e nel dialogo sui fondamenti universali del comportamento umano.
Network Museum – Come vede, a proposito di quanto considerato, il futuro?
Gabriele D’amico Soggetti – Il futuro del genere umano si presenta oggi come un’incognita terribile. Lo sviluppo delle capacità neocorticali ha presentato la nostra specie con inimmaginabili capacità di calcolo e di apprendimento.
L’evoluzione tecnica e scientifica non si accompagnano però spesso a sistemi economici, giuridici e gestionali, che permettano necessariamente la sussistenza delle condizioni di sopravvivenza ecosistemica del genere umano.
Rispetto a cultura e patrimoni culturali, credo essi rappresentino il baluardo (il faro nella notte) della ricerca e della pratica di nuove esperienze economiche, sociali e culturali che si rendano eticamente consapevoli e promotrici di nuovi modelli di sviluppo.
Network Museum – Ora la domanda collegata al tema dell’anno: cosa e come comunicano i musei?
Gabriele D’amico Soggetti – I musei mediamente comunicano poco, male, in modo scarsamente partecipato, poco inclusivo dei diversi pubblici e delle diverse narrazioni cui i beni si prestano in funzione delle specificità di tutte e ciascuna le diverse categorie dei propri portatori d’interesse.
I musei dovrebbero essere prismi di esperienze e di contenuti culturali, strumenti di interazione di più gruppi e comunità (ciascuna con la propria cromia ed intensità cromatica) affinché questi creino quel dinamismo che (come il movimento dei colori porta al bianco) è foriero di partecipazione, inclusione, condivisione, mutuo arricchimento, costruzione di distretti intellettuali, creativi e industriali e loro mantenimento a rete, etc.
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Titolo: “Il senso della cultura per un giurista”
Sezione: “Musei ed economia”
Autore: Network Museum
Ospite: Gabriele D’amico Soggetti
Codice: INET1904141200MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 14/04/2019
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 14/04/2019
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
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– immagine inferiore: cortesia Avv. Gabriele D’Amico Soggetti
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