di Gabi Arrigoni
Da ormai quattro anni la Brexit domina il dibattito politico e non solo nel Regno Unito. La protratta incertezza connessa alla continua minaccia di un “no-deal” è stata accompagnata da una copiosità di previsioni, supposizioni e scenari ipotetici più o meno sconfortanti. Il settore culturale britannico ha espresso da tempo preoccupazione per l’uscita dall’UE, con uno studio dell’Arts Council England (principale fonte di finanziamenti per le arti a livello nazionale), che, già nel 2017, identificava le opportunità (poche) e le sfide (molte) di un panorama post-Brexit. Tra le maggiori difficoltà, si contano quelle relative alla riduzione della libertà di movimento, che potrebbe limitare gli scambi internazionali, la capacità di attrarre talenti, le mostre itineranti, la circolazione ed il prestito di opere d’arte. Soltanto considerando l’onere aggiuntivo in termini di modulistica, visti e imposte, i costi sono destinati almeno a raddoppiare. In modo speculare a quanto si sta profilando più in generale dal punto di vista degli accordi commerciali, la riduzione di progetti culturali collaborativi con partner europei sarà solo parzialmente controbilanciata dal rafforzamento di relazioni culturali con paesi extra-europei.
Sulla stessa linea, è di circa un anno fa la dichiarazione della Museum Association che lasciare l’UE senza un accordo avrebbe avuto “esiti altamente disastrosi sulle comunità servite dai musei, le persone che vi lavorano, e la condivisione di collezioni, idee e conoscenze”. Progetti e mostre meno ambiziose rischiano infatti di accompagnarsi a concrete difficoltà da parte di numerosi musei nel mantenere o assumere personale qualificato. Un esempio per tutti: nel 2018 una nota del Victoria and Albert Museum, il cui staff è quasi per la metà proveniente da paesi europei, aveva ventilato la chiusura temporanea ma completa del museo in caso di Brexit (rischio ora apparentemente scongiurato), e seri rallentamenti al piano di ampliamento nella nuova sede di Stratford. Indubbiamente, il numero di cittadini europei impiegati nei musei inglesi non è trascurabile: spinti dalle scarse opportunità offerte dai paesi di origine, per anni hanno trovato nel Regno Unito aperture e occasioni di crescita professionale, che adesso si trovano a dover riconsiderare. Se è vero che lo schema del Settled Status, concesso a chi si è stabilito in terra britannica da almeno 5 anni, sta arginando una fuga collettiva, le incertezze permangono.
Dopo un decennio di austerity, che ha già messo a dura prova il settore dal punto di vista dei finanziamenti, la Brexit avrà, per i musei, conseguenze per lo più indirette. La maggioranza delle istituzioni britanniche, infatti, è supportata da fondi governativi o privati, anche se non mancano le partnership estere, con una componente sostanziale di progetti cross-border finanziati dal programma Creative Europe che per anni ha reso possibile collaborazioni tra diverse nazioni europee nelle arti performative, visive e digitali. Più in generale, il venir meno dei fondi europei alla ricerca avrà anche un impatto per il ridursi di iniziative di public engagement e sperimentazione, che spesso coinvolgono musei e organizzazioni culturali.
Ambivalenti infine le prospettive legate al turismo culturale. Se da una parte si teme che una mutata percezione del Regno Unito come paese meno accessibile e meno ospitale possa dirottare molti viaggiatori su altre mete, dall’altro si nutre la speranza che la sterlina debole costituirà un nuovo fattore di attrazione. Tra le altre note timidamente positive c’è fiducia che dall’incertezza scaturiscano nuove opportunità, nuovi modelli collaborativi, nuovi programmi di finanziamento e nuove forme di solidarietà.
Nel frattempo le organizzazioni culturali si stanno preparando ai cambiamenti imminenti (ma non dimentichiamo che sarà business as usual fino alla fine del 2020) prestando attenzione agli aggiornamenti governativi, completando valutazioni interne e dando uno sguardo alla guida pratica messa a punto dall’Arts Council e pubblicata poche settimane fa. In ogni caso, nessun radicale cambio di programma e la ferma intenzione di continuare ad operare a livello internazionale sembrano restare punti fermi.
L’impatto sulle comunità locali, sul pubblico, merita uno sguardo approfondito, perché, al di là della burocrazia e dei costi, Brexit significa divisione, intolleranza e mancanza di coesione sociale. È di pochi mesi fa il report della Irish Museum Association, Bridge over Brexit, che invece si premura di sottolineare una delle vere priorità per i musei: farsi spazi di dialogo dove poter affrontare domande scomode, confermarsi portatori di riconciliazione sociale, supportare narrazioni del passato e del presente all’insegna della diversità e della condivisione.
Un’ultima riflessione non può quindi non tener conto del fatto che la Brexit è un fenomeno europeo, anzi globale, che non riguarda soltanto l’isola del “fish and chips”. Le divisioni espresse dall’uscita del Regno Unito dall’UE sono presenti ovunque, ed è perciò confortante vedere come, proprio il 31 gennaio 2020, una cinquantina di organizzazioni culturali in Europa abbia firmato una dichiarazione congiunta dal titolo “Brexit and a cultural way forward, together”, che ribadisce l’impegno a continuare scambi culturali ed esperienze che possano contrastare il frammentarsi del tessuto connettivo in Europa e superare le divisioni politiche, con la cultura.
Gabi Arrigoni è ricercatrice alla Newcastle University e si occupa delle intersezioni tra patrimonio culturale e tecnologie digitali. Ha maturato esperienze nel campo dell’innovazione del settore culturale, sperimentando metodologie basate su speculative design e futurescaping. È stata docente presso i corsi di master in Digital Cultural Communication e Digital Creative Practice alla Newcastle University e ha tenuto in diverse parti del mondo presentazioni, conferenze e workshop in sedi accademiche e museali. È dottore di ricerca in Digital Media e ha un passato da curatrice indipendente e giornalista d’arte e cultura. Tra le pubblicazioni recenti, ha co-curato per Routledge il volume European Heritage, Dialogue and Digital Practices (2019).
Fonti ed informazioni sull’autrice:
– https://www.ncl.ac.uk
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Titolo: “Musei nello scenario post-Brexit: verso il superamento delle divisioni?”
Sezione: “Musei e società”
Autrice: Gabi Arrigoni
Codice: INET2002191600MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 20/02/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 20/02/2020
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Fonte contenuti:
– https://www.artscouncil.org.uk
– https://www.museumsassociation.org/home
– https://www.artscouncil.org.uk/brexit-guidance/eu-exit-guide
– http://irishmuseums.org/news/bridges-over-brexit
– https://www.culturalfoundation.eu
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