A cura della redazione di Network Museum
Inauguriamo, con la pubblicazione di questa prima intervista, lo “Speciale APDP”, la nuova sezione dedicata alla riflessione su come i musei abbiamo vissuto l’emergenza pandemia, su come abbiano reagito in prima istanza e, soprattutto, cosa questa sciagura abbia insegnato loro.
In particolare, con questo speciale desideriamo indagare non tanto l’idea di come sarà il futuro remoto dei musei, aspetto addirittura inflazionato sulla rete con contributi di tutti i generi, sovente mossi dalla spinta dell’emotività, ma come tali sistemi stiano reagendo e quali meccanismi stiano operando al loro interno, per generare nuove risposte e nuovi assetti, organizzativi e didattici, a fronte di tre mesi di profonda crisi.
Apriamo lo speciale, ospitando il punto di vista di Livia Cornaggia, fondatrice e direttrice del Museo Tattile Varese.
Livia Cornaggia
Livia Cornaggia ha effettuato studi classici ed è laureata in Filosofia. Per anni si è occupata di comunicazione, sia nell’ambito della cultura, che dell’industria. Dieci anni fa ha ideato e realizzato il Museo Tattile Varese, che dirige con due soci.
Il Museo Tattile Varese
Inaugurato nell’aprile 2011, il Museo Tattile Varese rappresenta ad oggi un esempio sostanzialmente unico in Europa, perché è esclusivamente dedicato all’esposizione di modelli tattili in legno, fruibili quindi tanto da vedenti quanto da non vedenti. Il museo ospita ad oggi una sessantina di modelli (articolati tra architettura, monumenti, paesaggio, siti archeologici, mappe tattili) ed è una sorta di enciclopedia tridimensionale da sfogliare con le dita, capace di stimolare non solo l’interesse per la conoscenza tattile, ma anche e soprattutto quella per il ‘mondo’, artistico. I visitatori vedenti (che rappresentano oltre il 98% dell’utenza) effettuano la visita bendati, sperimentando in questo modo la conoscenza tattile nella sua forma più essenziale e soprattutto sperimentando come la conoscenza tattile possa essere un valore aggiunto e un’emozione “per tutti”.
Ulteriori informazioni:
– http://www.museotattilevarese.it/
Network Museum – Come avete vissuto l’emergenza sanitaria, la sospensione delle visite e delle attività condotte con il pubblico?
Livia Cornaggia – La prima risposta che mi verrebbe da dare è – in forma molto sintetica -: in maniera drammatica. Noi siamo stati tra i primi musei che si sono trovati (insieme a quelli del piemonte, della liguria, delll’emilia e del Friuli) a dover chiudere le porte già dal 23 febbraio, e abbiamo chiuso senza sapere quello che ci sarebbe accaduto nei giorni e nelle settimane successive. Quello che è venuto ‘dopo’ è ovviamente stato – da tutti i punti di vista – molto peggio di quanto, anche nelle peggiori previsioni, ci potessimo aspettare. Abbiamo perduto l’intera ‘stagione’ dei laboratori didattici con le scuole e perderemo naturalmente anche quella dei laboratori didattici con i campi estivi, che costituiscono per i musei privati uno dei momenti più importanti dal punto vista economico, e più gratificanti dal punto di vista della didattica e della relazione con i giovani visitatori. A questo si è aggiunta la perdita della bigliettazione per 3 mesi e lo stop di tutti i progetti che avevamo in cantiere, che non sappiamo quando potranno essere nuovamente programmati. Il quadro è davvero spaventoso, dunque.
Network Museum – Cosa avete ulteriormente compreso della vostra attività durante questo periodo?
Livia Cornaggia – Difficilissima, la vostra domanda. Abbiamo anzitutto compreso una cosa che in qualche modo già sapevamo, e cioè che un museo deve essere pronto a ‘cambiare pelle’ molto molto velocemente, dimostrandosi capace di adeguarsi alle necessità e alle richieste che il pubblico manifesta. Tutti i musei del mondo – per effetto del coronavirus – si sono necessariamente ‘trasportati’ nell’ambito digitale, in maniera più o meno strutturata, più o meno rapida e più o meno riuscita, ma con il risultato di continuare a proporre le proprie opere. Il nostro tuttavia è un caso particolare, dato che siamo un museo basato sulla fruizione diretta, fisica, dell’opera. In questo periodo abbiamo quindi ulteriormente capito che per tutti, ma per noi in particolar modo, è necessario essere capaci di inventarsi nuovi linguaggi per ‘intrattenere’ e coinvolgere il proprio pubblico e i propri visitatori, che magari in quel momento visitatori ‘veri’ non possono essere.
Network Museum – Cosa cambierà nella fruizione dei musei e nel rapporto con il pubblico dopo questa emergenza?
Livia Cornaggia – Impossibile dirlo, a mio parere. Da settimane, da mesi ormai, questa domanda è quella che tutti gli operatori di musei (indipendentemente dalla dimensione, tipologia, collocazione, ecc.) si pongono in continuazione. Vincerà la voglia di bellezza, di cultura, di normalità, oppure la paura? E quanto peserà una situazione economica nazionale così terribile, nel limitare la voglia di andare a visitare un museo, essendoci l’investimento del costo di un biglietto? Non ho una risposta. Molto dipenderà anche a mio parere dall’andamento futuro del contagio e da come si muoverà il nostro Paese in termini di normativa relativa agli spostamenti possibili e permessi.
Network Museum – Quali nuovi progetti avete maturato per il futuro?
Livia Cornaggia – Niente che possiamo raccontarvi in questo momento, per non svelare troppe sorprese. Per quanto concerne molti progetti possiamo solo dirvi che la chiusura di questi mesi ha solo provocato uno stop temporaneo, e dunque un semplice rinvio. Molto dipenderà anche da quello che metterà in campo il governo, in termini di sostegno alla cultura e in particolare ai musei. Fino ad ora, mi pare, i musei piccolini e privati – che costituiscono la maggior parte dei musei nazionali – non sono in alcun modo stati presi in considerazione, in nessuno degli interventi economici previsti.
Network Museum – Lei ha ideato e promosso l’hashtag #museichiusimuseiaperti: ci potrebbe raccontare questa sua esperienza?
Livia Cornaggia – #museichiusimuseiaperti è stata un’idea nata proprio immediatamente dopo la primissima chiusura del 23 febbraio. Chiudendo fisicamente la porta del museo quel giorno, a seguito della prima ordinanza governativa, ero ovviamente spaventata, sconfortata e preoccupatissima per il futuro e ho riflettuto sul fatto che si dovesse fare immediatamente qualcosa perché i visitatori non interrompessero il filo che li legava a noi, anche se non potevano fisicamente varcare le nostre porte. Ho pensato quindi che un hashtag potesse essere lo strumento giusto per far sì che tutti i musei si raccontassero a porta chiuse, e per far sì che i visitatori seguendo questo hashtag, seguissero il filo della cultura che continuava, che non si interrompeva. Non sapevo se avrebbe ‘funzionato’, ho provato a lanciarlo sui social e la risposta è stata istantanea e travolgente. Da parte dei musei, e da parte dei visitatori. Prima solo per quanto concerne le regioni interessate dalla prima chiusura, poi – dopo l’8 marzo – da parte dei musei di tutta Italia. È stato un vero e proprio ‘fenomeno’ in termini di comunicazione, al quale hanno aderito davvero tutti i musei italiani. #museichiusimuseiaperti ci ha accompagnato per questi mesi, ha fatto sì che i musei si sentissero meno ‘soli’ e ha permesso ai visitatori (passati e futuri) di continuare a scoprire la bellezza e la straordinarietà di musei, pinacoteche, parchi archeologici, archivi, ecc. di tutta italia.
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Titolo: “Speciale APDP: l’esperienza del Museo Tattile Varese”
Sezione: “APDP”
Autore: Network Museum
Ospite: Livia Cornaggia
Codice: INET2005271745MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 27/05/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 27/05/2020
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: http://www.museotattilevarese.it/
Fonte immagine: http://www.museotattilevarese.it/
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