A cura della redazione di Network Museum
NM lavoro, la sezione di NETWORK MUSEUM, il cui obiettivo è quello di indagare il “mercato del lavoro” in ambito culturale e, soprattutto, museale, sbarca nel Regno Unito, per incontrare un
Membership Sales Manager. Desideriamo ragionare con lui sul ruolo della cultura oltre La Manica e sulle caratteristiche delle espressioni professionali di settore.
Il titolo di questa intervista, che potrebbe sembrare ridondante, lo abbiamo ricavato dalle risposte del nostro interlocutore e scelto per l’eloquente sintesi, con cui è possibile descrivere un panorama professionale differente da quello nazionale.
Aver chiara la missione del museo, non solo per cui si lavora, ma di cui ci si sente addirittura parte, avere una prospettiva di crescita professionale, concepire il museo come comunità e nello stesso tempo sentirsi ingranaggio di un meccanismo, a cui si deve dare il meglio di sé, non è poca cosa. Chiedersi quale risultato debba esprimere un museo origina un processo di crescita, propria e collettiva, alimenta quella ricerca della consapevolezza esistenziale, rendendo questo passaggio terreno sensato se non eroico, al di là di una bellezza fine a se stessa, che non sarebbe in grado di “salvare” nulla e nessuno o di attenzioni e conoscenze, che senza tale attitudine, risulterebbero inutili, vuote, vane.
Tutto questo è ciò che noi, in Infogestione, chiamiamo management didattico, sovente, con le dovute eccezioni, assente nelle nostre istituzioni museali, che, senza le “immeritate” collezioni, potrebbero anche esprimere…il nulla.
Non resta che lasciarvi al nostro nuovo ospite, Filippo Lorenzin, Membership Sales Manager presso il Victoria and Albert Museum di Londra.
Filippo Lorenzin
Filippo Lorenzin è il Membership Sales Manager del Victoria and Albert Museum a Londra, dove lavora dal 2016. Diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia in Progettazione Multimediale, ha mosso i primi passi come curatore e giornalista nell’ambito dell’arte digitale e delle nuove tecnologie con mostre e progetti editoriali internazionali, che lo hanno portato a collaborare con, tra gli altri, Goethe Institut, Saatchi Gallery e Viafarini. Una volta laureatosi con la lode allo Iuav di Venezia, si è trasferito a Londra per proseguire la sua carriera nel campo dell’arte. Dopo una breve parentesi al Natural History Museum, ha iniziato il suo percorso al Victoria and Albert Museum, dove lavora tutt’oggi. A fianco della sua attività manageriale ha portato avanti un percorso da insegnante e divulgatore culturale con corsi, laboratori e conferenze a Parigi ed Amsterdam.
Ulteriori fonti ed informazioni sull’Ospite:
– https://www.linkedin.com/in/filippo-lorenzin-68a6a337/
– https://www.vam.ac.uk/
Network Museum – Chi è Filippo Lorenzin?
Filippo Lorenzin – Innanzitutto un grande amante dell’arte e delle opportunità di crescita personale che offre. Mi occupo di sviluppo e gestione di iniziative culturali da oltre dieci anni con un occhio di riguardo verso il mondo digitale. Prima di lavorare come manager al Victoria and Albert Museum, ho lavorato come scrittore, curatore, insegnante e assistente di galleria – un percorso obliquo che mi ha impartito lezioni professionali e personali di cui non saprei fare a meno.
Network Museum – Cos’è la cultura per Filippo Lorenzin?
Filippo Lorenzin – La cultura è ciò che ci identifica, al di là di facili etichette e luoghi comuni. Concepisco la definizione di cosa costituisce cultura nella più ampia accezione possibile: non la si trova solo nelle pinacoteche, nelle biblioteche e nei dischi di musica classica. La cultura è conoscenza: di una professione, di una lingua, della propria storia. Un approccio aperto aiuta a conoscere altre culture, a conoscerne le caratteristiche e a individuarne punti di contatti con la propria. Insomma, è attraverso la curiosità e la perenne ricerca di ciò che non si conosce che ci si accultura.
Network Museum – Cos’è un museo ed a cosa serve?
Filippo Lorenzin – Il museo è una comunità ispirata da un ideale, un’aspirazione collettiva che spinge le centinaia di persone, che lavorano per esso, a dare il meglio di sé. Gli obiettivi sono tanti e spesso i team non vanno d’accordo sui metodi da applicare ma c’è sempre l’impulso a promuovere l’arte a muovere tutti gli ingranaggi della grande macchina museale. Ciò significa che ognuno ha ben chiaro il proprio ruolo e fa del proprio meglio per portare a termine i propri compiti. Non conta se non occupa una posizione che gli permette di lavorare a stretto contatto con la collezione o le gallerie, ciò che importa è il farne parte.
Ai giorni nostri il museo serve ad attrarre potenzialità creativa, sociale e di crescita personale. Si tratta di un compito i cui risultati sono difficili da quantificare, misurare e dimostrare ed è forse per questo che i musei passano talvolta in secondo piano rispetto ad altre istituzioni, i cui effetti sono evidenti o, se non altro, dimostrabili con numeri e grafici. La mia esperienza personale mi ha insegnato che i musei sono formidabili portali creativi per coloro che sono curiosi e pronti a mettere in discussione i propri punti di vista.
Network Museum – Perché e come è diventato Membership Sales Manager presso il Victoria and Albert Museum?
Filippo Lorenzin – Ho iniziato a lavorare al Victoria and Albert Museum come Gallery Assistant, un ruolo che per molti stranieri a Londra rappresenta il più comune tra i primi nel mondo dell’arte a livello professionale. Si tratta di una posizione che offre l’opportunità di imparare molto e in fretta: si passa molto tempo nelle gallerie a imparare la storia della collezione, interagendo con i visitatori e i colleghi degli altri dipartimenti.
Dopo circa un anno e mezzo, ho iniziato la mia esperienza nell’ufficio Membership, una scelta presa tanto per l’importanza che esso ricopre all’interno del museo quanto per lo scopo che si prefigge al di là dell’aspetto economico: far appassionare i visitatori alla storia dell’istituzione, alla sua collezione e alle sue mostre speciali fino al punto di farli diventare soci. Si tratta di costruire un rapporto di fiducia, insomma. Dopo circa due anni come Membership Assistant, ho voluto mettere a frutto ciò che avevo imparato, per portare nuove idee come Manager. Ho introdotto un approccio alla vendita delle membership basato sulla passione e l’entusiasmo per la collezione, invitando gli assistenti a passare più tempo nelle gallerie ed a interagire più spesso con visitatori e soci. Credo che questa attenzione verso la collezione derivi dalla mia esperienza da Gallery Assistant. Come si dice spesso al Victoria and Albert Museum, “once a Gallery Assistant, always a Gallery Assistant.”
Network Museum – Cosa fa un membership sales manager?
Filippo Lorenzin – Mi occupo di numerose mansioni, tra cui lo sviluppo di campagne marketing per la vendita di membership, l’analisi delle vendite e delle attività del team, la gestione delle operazioni Front of House e la coordinazione degli oltre cento volontari che aiutano il nostro ufficio. Passo molto tempo a contatto con i soci che visitano il museo, aiutandoli spesso in prima persona quando le giornate diventano impegnative e gli assistenti hanno bisogno di un aiuto in più al desk. Sono il primo punto di contatto tra Membership e gli altri dipartimenti: avendo iniziato a lavorare al museo nel 2016, ho avuto modo di conoscere e sviluppare rapporti di amicizia con colleghi di tutti gli uffici.
Network Museum – Quali sono le caratteristiche, gli aspetti critici ed i vantaggi di tale ruolo?
Filippo Lorenzin – Il ruolo del Membership Sales Manager permette ampie libertà di declinarlo a seconda delle proprie qualità personali. Nel mio caso, come accennato precedentemente, l’aspetto umano e il rapporto quasi quotidiano con il mio team, i nostri volontari e i visitatori del museo ricoprono un ruolo fondamentale. La questione economica è certamente importante ma è asservita allo scopo principale del museo, ovvero ispirare le persone. È necessario bilanciare le ragioni di marketing con le peculiarità del museo.
Network Museum – Quali sono le potenziali possibilità di sviluppo di tale professione?
Filippo Lorenzin – L’ufficio Membership si trova in una situazione unica. Facciamo parte di un dipartimento, Development, in cui gli impiegati non devono uscire dai propri uffici per portare a termine i propri compiti; allo stesso tempo, siamo presenti front of house, incontriamo i soci e i visitatori del museo mettendoci la faccia ogni giorno. Come ripeto sempre al mio team, quando lavoriamo stiamo rappresentando il museo e dobbiamo dare il nostro meglio per fornire un servizio di qualità, che faccia onore all’istituzione. Questo approccio aperto porta i suoi frutti: molti soci ricordano con piacere i nostri nomi e spesso ci inviano cartoline di auguri per Natale.
Ritengo che proprio la natura ibrida del ruolo renda la posizione molto interessante e stimolante per chi, come me, non riesce a starsene seduto alla scrivania tutto il giorno. Il contatto quotidiano con le persone che vengono al museo dà l’opportunità di cogliere molti spunti per migliorare il servizio e sviluppare nuove iniziative.
Network Museum – Gli studi scolastici ed universitari hanno inciso sulla sua carriera? In quale misura?
Filippo Lorenzin – Hanno inciso fino ad un certo punto. Posseggo un diploma di primo livello in Progettazione Multimediale conseguito all’Accademia di Belle Arti di Venezia e una laurea magistrale in Arti Visive conseguito allo Iuav, ambedue a pieni voti con la lode. Entrambe le esperienze formative mi hanno insegnato a mantenere la mente aperta ed un un approccio adattivo all’arte e alla sua gestione. Prima di trasferirmi a Londra, ho avuto modo di lavorare come curatore e scrittore indipendente per diversi anni, un’esperienza fondamentale per la formazione dei miei principi legati all’arte. Una volta in Inghilterra, le lauree hanno contato poco: è stata la voglia di mettermi in gioco a fare la differenza e a passare i colloqui.
Network Museum – Molti giovani cercano lavoro fuori dall’Italia, ma cosa significa lavorare all’estero ed, in particolare, nel Regno Unito dopo Brexit?
Filippo Lorenzin – La crisi sociale ed economica legata al Covid-19 è certamente una barriera in più per coloro che arrivano dall’estero. Nel 2020 tutti i musei sono rimasti chiusi per mesi, una situazione che ha esacerbato gli eventuali problemi che le istituzioni stavano già cercando di risolvere in vista dell’anno prossimo, quando il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Unione Europea. Diverse istituzioni si sono viste costrette a licenziare centinaia di lavoratori per evitare di chiudere definitivamente, una decisione che a volte si sarebbe potuto evitare con un controllo più accorto dei fondi nel corso degli anni precedenti. Ai giovani italiani che guardano al Regno Unito per una carriera nel mondo del settore culturale suggerisco di aspettare qualche mese, fino a quando la situazione non si sarà stabilizzata. Al momento ci sono pochi musei alla ricerca di nuovo personale e se si è alla primissima esperienza lavorativa all’estero si rischia di rimanere scottati e tornare in Italia dopo poche settimane con molti soldi in meno nel conto in banca.
Un consiglio pratico è quello di non arrovellarsi per avere un attestato di lingua inglese: nessuna istituzione richiede una prova tangibile della conoscenza della lingua quando cerca nuovo personale.
Network Museum – Come è concepito il lavoro nel settore culturale in UK?
Filippo Lorenzin – Il percorso formativo e professionale legato al settore culturale è strutturato in modo da valorizzare le capacità specifiche delle persone interessate ad occuparsene. Prendo la mia esperienza come esempio: non avevo nessun contatto a Londra quando sono arrivato nel 2016 ma, nel giro di pochi mesi, sono stato assunto come manager in uno dei musei più visitati del paese. Ciò è accaduto grazie al peculiare mercato del lavoro presente a Londra, dove quasi nessuno ricopre lo stesso ruolo per più di tre anni.
Chi lavora in musei e istituzioni culturali spesso non ha compiuto questa scelta per ragioni economiche; manager e assistenti di altri settori, come banche e aziende, percepiscono uno stipendio più alto rispetto a chi ricopre cariche simili nei musei.
Network Museum – Come giudica il sistema museale nazionale ed, in genere, il sistema di diffusione della cultura in Italia? Quali differenze riscontra rispetto all’estero?
Filippo Lorenzin – La cultura anglosassone è tradizionalmente votata alla popolarizzazione della cultura, in ogni sua forma. Semplificando: se in Italia possiamo contare le personalità famose legate all’arte e la storia sulle dita di una mano, nel Regno Unito ci sono molti più artisti, esperti e storici che, vuoi per aver scritto libri di successo o per aver partecipato a programmi televisivi seguiti da milioni di persone, ricoprono un ruolo di rilievo nell’immaginario popolare. Ciò fa sì che ci siano prodotti divulgativi alla portata di tutti, dal podcast sugli eventi più curiosi della storia europea ai libri per bambini su William Hogarth. Un buon esempio di questo approccio è il documentario della BBC realizzato in collaborazione con il Victoria and Albert Museum la scorsa primavera. Composto da sei puntate, ha mostrato come funzionano alcuni dipartimenti del museo illustrando le storie dietro agli oggetti che fanno parte della collezione. A distanza di mesi ci sono ancora tantissimi visitatori che vengono al museo per vedere le opere mostrate in televisione. Naturalmente questa leggerezza è possibile solo laddove c’è un approccio serio e ragionato su cosa significa fornire opportunità di crescita culturale e personale del pubblico. In altre parole, dietro a programmi popolari su cosa è l’arte contemporanea c’è una predisposizione al raccontare l’arte e la storia che forse in Italia ci manca.
Network Museum – Come immagina il suo futuro…?
Filippo Lorenzin – Le differenze tra il settore culturale italiano e britannico sono certamente molte ma voglio mettere a frutto le mie competenze in Italia, continuando a dare il mio contributo alla divulgazione dell’arte tanto tra gli addetti ai lavori quanto, e forse soprattutto, tra chi non ne fa parte. Ho in programma di tornare un giorno per continuare la mia carriera nel settore museale italiano, un sogno che mi accompagna da ben prima di trasferirmi a Londra.
Network Museum – …e quello dei musei?
Filippo Lorenzin – Il 2020 è stato un anno difficile per tutti i settori e i musei non hanno fatto eccezione. Questi mesi hanno accelerato processi già in atto, come la necessità di ripensare al numero di visitatori che entrano nelle gallerie e la progettazione di strumenti digitali per portare l’esperienza museale a chi, nei musei, non ci va per necessità o mancanza di opportunità. Nel 2021 sarà necessario capire se le strategie messe in atto in queste prime settimane dopo mesi di chiusura saranno la strada giusta da percorrere. È un momento di crisi che porterà alla formulazione di iniziative e progetti che difficilmente si sarebbero visti prima dello scorso marzo. Ritengo che musei e istituzioni culturali ne usciranno ridimensionati ma, se non altro, compieranno scelte più oculate.
Network Museum – Ora la domanda collegata al tema dell’anno: cosa e come comunicano i musei?
Filippo Lorenzin – I musei che riescono a implementare una strategia comunicativa efficace riescono a trasmettere la passione con cui vengono gestiti da chi ci lavora. Non solo curatori e conservatori, ma anche impiegati, assistenti di galleria, addetti alle pulizie e il resto delle persone, componenti la comunità, che fa sì che il museo sia aperto, pulito e sicuro per le opere e chi lo visita ogni giorno. I musei possono influenzare la propria narrazione non solo direttamente con pubblicità, volantini e cartelloni, ma anche con il passaparola e la gestione dell’esperienza del visitatore: l’esperienza museale del visitatore inizia nel momento in cui cerca su internet a che ora le gallerie sono aperte e quali servizi vengono offerti. I social media offrono uno strumento formidabile per qualunque istituzione culturale interessata a promuovere il proprio brand e posizionarsi come guida per chiunque vuole sapere di più su determinati argomenti; non è necessario visitare fisicamente un museo per averne esperienza, insomma. Ad esempio, abbiamo molti soci del Victoria and Albert Museum che non visitano nemmeno il museo perché vivono dall’altra parte del mondo. Nonostante ciò, ci supportano rinnovando la loro membership ogni anno perché questa offre sconti sul negozio online, l’accesso esclusivo a contenuti educativi di primissimo livello e altre opportunità che non richiedono una visita di persona. Questi servizi sono parte della strategia del museo quanto la scelta del colore delle divise degli addetti alla sicurezza o il tono con cui vengono scritti i cartellini posizionati accanto alle opere in mostra. Per far sì che ci sia armonia tra i messaggi espressi dall’istituzione è necessario un’accordanza di intenti tra i diversi dipartimenti che va al di là di riunioni aziendali e comunicazioni interne; è fondamentale, ancora una volta, che tutti abbiano chiaro in mente la missione del museo.
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Coordinate di questa pagina, fonti, collegamenti ed approfondimenti.
Titolo: “Membership Sales Manager: il museo come ispirazione collettiva”
Sezione: “NM lavoro”
Autore: Network Museum
Ospite: Filippo Lorenzin
Codice: INET2009021700MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 22/09/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 14/09/2020
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: INFOGESTIONE NETWORK MUSEUM
Fonte immagine:
– https://viaggi.fidelityhouse.eu (immagine sezione)
– https://www.viaggilondra.it/ (homepage)
Fonte video e contenuti multimediali: –
Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema:
– https://www.vam.ac.uk/
– https://www.linkedin.com/in/filippo-lorenzin-68a6a337/