Torniamo alle nostre colonne, dopo la pausa osservata in ottemperanza alle norme vigenti.
Torniamo e, come tutti gli anni (senza una cadenza definita, ma verso la fine di febbraio),
facciamo il punto sul tema dell’anno appena concluso, presentandovi quello nuovo.
Abbiamo trascorso il 2019 chiedendo a lettori ed ospiti come comunicassero i musei, proponendovi un sondaggio ancora visibile ed attivo, che tale resterà. Sino ad ora i dati ci stanno raccontando, in termini sia qualitativi che quantitativi, di modelli di comunicazione tesi a presentare ed a rappresentare, unilateralmente, un invito alla fruizione di servizi espositivi, di eventi culturali e “didattici” a questi collegati. Il destinatario è considerato (salvo rarissime eccezioni) un soggetto “passivo”. Ciò deriva dal ruolo degli enti in questione, inteso ancora in termini troppo istituzionali ed autoreferenziali, non come servizio. Malgrado le accattivanti soluzioni grafiche e multimediali, la comunicazione museale (con le solite dovute, ma rare eccezioni) appiattisce, quando non banalizza, il rapporto con il visitatore, ancora considerato, in modo strisciante, “suddito”, per nulla protagonista, se non per soddisfare necessità di tecnica e tecnologia espositiva, completamente impossibilitato ad esercitare attività critica (siamo consapevoli che gli operatori leveranno, a questo punto, scudi e tuniche strappate, ma abbiamo visto e sentito cose che voi umani…). Convincere il criceto di aver percorso tanta strada solo per averlo reso iperattivo sulla sua ruota è come si è rivelata ai nostri occhi la funzione comunicativa museale. Barocche, sensazionalistiche, le modalità comunicative, che il nostro sondaggio rivela essere composte, per la maggior parte, da dinamiche molto più simili alla “vetrina” che non proprie dei media (carta stampata ed internet sembra abbiano la stessa presa), non sono particolarmente “ricordate”, almeno dai nostri ospiti e dagli altri soggetti da noi interpellati. Le newsletter denotano più efficacia dei social network, vissuti, o meglio subiti, per la maggior parte dei casi, dagli stessi musei secondo conduzioni artigianali, approssimate, marginali, rivelando una scarsa propensione all’investimento, in risorse umane e tecnologiche, delle sempre più ridotte disponibilità economiche. La maggior parte dei musei confonde pubblicità e promozione con la comunicazione, non contemplando alcuna funzione di analisi delle retroazioni offerte dalle attività comunicative.
Sembra che il comparto, a parte le solite istituzioni nazionali, non riesca a fare breccia nei media e, tantomeno, nella società civile, che in alcune componenti non solo non risulta essere raggiunta, ma si rivela vittima di azione centrifuga e deriva.
La cultura museale non solo non riesce a fare tendenza ed a essere riferimento, ma, nel comparto professionale, tende a creare “elite” chiuse ed inarrivabili (molti incarichi, soprattutto professionali, risultano ridondanti se confrontati con l’organico di certe istituzioni), tali a motivo della estrema istituzionalizzazione e delle interessenze politiche di settore, che si ergono su una massa di precari, che ogni anno vengono “prodotti” da un sistema di oligopoli, in cui crescita professionale e meritocrazia non sono considerate.
La ricerca è ancora attiva ed invitiamo coloro, che non l’abbiano ancora fatto, a partecipare al nostro sondaggio ed ai nostri studi, indicandoci e trasmettendoci dati ed articoli (purtroppo il settore non è propenso alla ricerca ed alla pubblicazione scientifica, ad eccezione del comparto del restauro e della conservazione).
Sulla scia di quanto sin qui prodotto, proponiamo per e dal corrente anno, a partire dalla fine di febbraio, un nuovo tema: ” Cosa comunicano i musei?“. Tra gli aspetti intriganti del nostro indagare due ci hanno particolarmente colpito: la titubanza degli addetti ai lavori nel definire il ruolo del museo ed una cerca inerzia a raccontare i risultati delle attività espositive, la maggior parte delle quali sembrano svanire come un sogno all’alba e, purtroppo, anche se per molti tale aspetto risulta essere molto romantico, degli stessi hanno la consistenza e l’incidenza sulla collettività. Cosa c’è dietro il “sentirsi importanti” con capolavori di pochi eletti, transitati su questo pianeta magari qualche secolo fa? Perché i musei scientifici non riescono ad avere la stessa dignità di una pinacoteca? Perché esistono così tanti musei, se tutti lamentano crisi, scarsità di visitatori e di fondi (eccetto i soliti noti)? Perché ve ne sono sempre di nuovi e di nuovi tipi? Che relazione sussiste tra il modo di comunicare ed il senso della comunicazione stessa?
Di questo e di molto altro desideriamo, quest’anno, ragionare con voi.
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Titolo: “A proposito del tema dell’anno”
Sezione: “La copertina”
Autore: Network Museum
Codice: INET2002101200MAN/A1
Ultimo aggiornamento: 18/02/2020
Pubblicazione in rete: 3° edizione, 18/02/2020
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: https://www.metmuseum.org
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