Storie

A cura della redazione di Network Museum

Storie. Forse il titolo non sarà dei più originali: quasi ogni social ha un comparto così denominato. Eppure il lemma non sembra aver perso il suo fascino. Sembra, con quel plurale così disinvolto, che tutti possano esercitare la dignità del vissuto, contrarre un rapporto non “massificabile”, riflettersi in uno specchio un poco amico, circoscriversi in un mistico spazio non espugnabile dal male. Insomma ritrovare, malgrado gli altri, malvagi per atti e pensieri, noi stessi, i nostri sogni, che, per quanto irrealizzabili, sono pur parte di noi stessi anche quando saranno inevitabilmente avvelenati dall’inesorabile trascorrere del tempo, che li trasformerà in spietati capi di accusa, rimpianti e rimorsi.

Ci interessava ampliare la prospettiva, andare oltre i problemi del contingente espositivo, oltre quello che ci fanno vedere, valutare, anelare, troppo spesso intrappolato da un pensiero unico, non più consistente di una nuvola, ma sufficiente a coprire genuine espressioni di passione, moti d’animo, desideri di vita di quelle tante sante e sane esistenze non ancora confezionate ed esposte sugli scaffali della forma perbenista, del banale pregiudizio e dell’imposto mondano. Francamente eravamo stanchi di troppi addetti ai lavori, o presunti tali, che passano il tempo a pontificare sui social, riempendosi la bocca di cose anglofone e che se non ti chiami in un certo modo fanno finta di non aver ricevuto le mail, ma se per caso intravedono un vantaggio di posizione nella relazione, sono disposti a vendere la propria madre all’acquirente di deandreiana memoria. Ci sentivamo un poco stanchi di “figli di”, che non riescono a spiegarci perché non spianare il Colosseo a beneficio di parcheggi, case da gioco e centri commerciali. Non sopportavamo più i toni da ipermercato ed il patinato inutile della corsa ai video-protagonismo, per non parlare del risentimento di lesa maestà, di quando abbiamo proposto di affiggere il conto economico e la lista dei fornitori al termine di un percorso espositivo, soprattutto se per tale allestimento sono stati utilizzati anche i soldi delle tasse di coloro, che sono troppo impegnati a mantenersi in vita. Ci interessava capire, trasmettere e condividere l’idea di cultura di quei tanti, che desiderano vivere all’ombra del sapere, che sognano una vita da vestale museale, dediti al patrimonio culturale da spargere come fosse semenza di speranza, come per convertire il prossimo da un paganesimo di ignoranza, come una buona novella, una missione. A volte sono solo necessità che si fanno sogno da dietro le auree sbarre di una prigione professionale dal nome altisonante, ma arida, fredda, spietata, vuota di quello che, in realtà, non conosciamo, ma che ci rende diversi, finalmente altro rispetto alle nostre meschinità, alle nostre fragilità, al nostro terrifico procedere verso l’ignoto, parte di quel mistero, che ci spaurisce meno quando percepiamo di appartenergli, tutti e ciascuno.

Ecco allora presentarvi donne e uomini, le cronache delle loro scelte scolastiche, le loro idee di cultura, i loro pareri su come fruire del patrimonio culturale, le loro tensioni nel cercare di vivere all’insegna di ciò che pensano sia il modo migliore, per esistere e che defiscono cultura. Possono essere ingegneri, economisti, artisti o accademici dell’immagine, storici o genialità disperse per atenei cinici e crudeli. Sono il risultato di una formazione accademica che, malgrado la giovane età, permette loro di considerare il mondo come la loro camera da studenti. Possono essere vecchi cinquantenni, finiti, avvilliti e sfiniti, che come piume cadute scoprono di poter galleggiare, distesi sulla superficie del sapere a riempirsi gli occhi col cielo della conoscenza.

Tutti coloro, da noi interpellati, conoscono perfettamente ciò che sovente, il sistema, il nostro sistema, fatica a comprendere, come per curiosa volontà divina, che sempre predilige chi, forse, non vorremo mai dover considerare. Sono storie da imparare, sono persone per cui lavorare, sono i veri e gli unici destinatari di ciò che pensiamo possa appartenere solo a noi…ma questa è una vecchia storia e la storia, quando non trova più il modo di insegnare, castiga!

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Titolo: “Storie”
Sezione: “NM Storie”
Autore: Network Museum
Codice: INET2009021700MAN/A2
Ultimo aggiornamento: 20/01/2021
Pubblicazione in rete: 4° edizione, 20/01/2021

Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: NETWORK MUSEUM
Fonte immagine: “La colazione” – Daphne Maugham – 1929 – https://www.incisione.com
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